Miserabilia è un monologo, un frammento di un’opera che non ha inizio e non ha fine. Autiero immagina che una donna, una veggente, una specie di Sibilla, dedita a scrutare i tarocchi - come se scrutasse la vita - nel consultare le carte, incorra sempre in quelle di spade, il seme che nella simbologia arcana rappresenta il dolore; e del dolore e della miseria di anime allegoricamente “naufragate” la protagonista si occupa, evocando episodi, stati d’animo, miserie, appunto, che in un grande affresco allegorico si inseguono, si accusano, si combattono, in una guerra tra poveri e miserabili.
Piccoli episodi, frammenti (anch’essi di frammenti), al cospetto dei quali lo spettatore, resta affascinato, sedotto da un linguaggio particolare e unico del nostro Autore.
E nel recepire quella che, solo apparentemente appare, come una confusa cascata di parole il pubblico superato lo stupore viene via via sensibilizzato... fino a recuperare e sentire vibrare quell’umana “Pietas” che - pur nascosta ed avvilita - alberga in ognuno di noi.
Autiero ci mette spalle al muro, e come il vero artista/veggente dal passato vede l’apocalittica tragedia contemporanea dei profughi e dei dimenticati.
Un testo che ci fa interrogare sul nostro quotidiano sussurrandoci che non possiamo più girarci…dall'altra parte.