La nostra amica Beatrice Cecaro, scrittrice ed erede di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, è andata a visitare la mostra di Gunther Von Hagens dal titolo "Body Worlds" recentemente inaugurata al Real Albergo dei Poveri.
Ecco il suo suggestivo ed inteso racconto.
Al Real Albergo dei poveri a Napoli è appena iniziata la mostra Body Worlds di Gunter Von Hagens, il dottor Morte.
Sono andata di domenica, una domenica di pioggia e cielo buio, superando remore e nausee perché non si può esprimere un parere su qualcosa o su qualcuno se non lo si conosce, non lo si sfiora, non lo si respira.
Qualcuno ha paragonato il dottor morte al mio Raimondo, additato e condannato, offeso e temuto per la sua voglia di verità… volevo solo capire se c’era lo stesso odore di scienza e rispetto che si respira in Cappella Sansevero in quella carne messa in bella mostra.
Ho pagato il mio biglietto di 13 euro per entrare nel tunnel della plastinazione con la mente vuota da pregiudizi, letture e giudizi, in silenzio. Perché solo il silenzio ha rispetto del silenzio.
Teche di vetro con pezzi di corpo e corpi umani mi hanno accolto nel tunnel.
Tra una bacheca e l’altra molte citazioni sul “cuore” e l’ “anima” di Kahlil Gibran, Lewis Mumford,Leo N. Tolstoj, Mark Twain, Marie Von Ebner Eschenbach, Simone de Beavoir, Dalai Lama, Franz Kafka, Henri Frederic Amiel, Epicuro, Abraham Lincoln, che come oppio mi ricordavano in una dimensione non ben definita il rispetto della morte.
Davanti a me una giovanissima madre con il figlio di appena tre o quattro anni che portava nevroticamente tra un cadavere e un altro impartendogli ad alta voce lezioni di anatomia.
“Francesco vedi questo è il cuore…lo vedi?”
“ Ti”
rispondeva il bambino distratto dal rumore dei passi della gente intorno a lui…
“Francesco lo vedi questo è il corpo di un atleta? Vedi i muscoli? Guardali guardali…un giorno te ne ricorderai”
…TI…Ti…
rispondeva il bambino sempre più stanco.
Poi d’improvviso la teca con i nervi, un mucchio di corde di varie lunghezze e spessore…
“Francesco ecco guarda guarda questi sono i nervi!”
Ma il bambino aveva difficoltà a guardare…distoglieva sempre gli occhi dalle corde umane…
“Francesco guarda i nervi li hai anche tu nel tuo corpo” e il bambino come un condannato a morte decide finalmente di guardare lo scheletro della testa e della colonna vertebrale rinchiusi nella bacheca di vetro…poi con un urlo dice: ma è steso…dorme, non posso vedere, è a nanna.
Quell’uomo dormiva, aveva ragione Francesco.
Dormiva sezionato il sonno della morte. E il sonno non si disturba, lo si accompagna sempre con una favola, un ricordo, una lucetta colorata, vero Francesco?
Il bambino ha iniziato a correre nel corridoio e la mamma a inseguirlo e Francesco è andato oltre il corpo dell’equilibrista che mi ero incantata a fissare chiedendomi quale equilibrio poteva mai avere la notte della vita, sparendo nel tunnel.
L’uomo doppio che si è palesato improvvisamente davanti al mio sguardo, come in uno specchio incantato, voleva raccontarmi attraverso le sue due immagini la doppiezza e la perfezione del corpo ma io non lo ascoltavo… anche io come lui ero divisa in due…cercavo Francesco e il suo sguardo ed ero contemporaneamente colpita, ipnotizzata da un gruppo di medici che guardavano estasiati le due immagini di muscoli e ossa dello stesso corpo che avevano davanti: meglio di una Tac ripetevano compiaciuti.
Una parete con moduli di accettazione alla plastinazione sembrava dire: firma anche tu e sconfiggerai l’anonimato perpetuo…
Ma si può, volontariamente, condannarsi ad essere equilibristi per l’eternità?
E poi…tra i cartelli oppiacei e i cadaveri perché non c’è un pensiero soggettivo di quei corpi così coraggiosi da aver deciso in vita di essere plastinati?
Perché posso conoscere il pensiero di Kahlil Gibran e non il nome della carne che sto guardando?
Chi era l’Equilibrista?
Cosa pensava l’uomo doppio della morte?
Voglio sapere i loro nomi.
Non firmo per essere solo carne plastificata nella fossa comune del progresso.
Due atleti muscolosi in posizione di gioco mi spiegano da morti lo sport ed i benefici di questo per una vita che non hanno più. Sono corpi vuoti, gonfi di plastica, che parlano una lingua che non comprendo. Li guardo sbigottita, sto lì interminabili minuti a fissare la tensione delle loro membra che imitano la vita chiedendomi in quale linea di confine stanno dondolando…
L’ultimo cartello me lo spiega, sono arrivata al capolinea del nirvana del pensiero di Gunter Von Hagens…dopo la vita c’era solo una strada, la morte... ora le strade sono due… a noi la scelta : o morto o plastinato.
Torno indietro di corsa superando gli atleti, l’equilibrista, l’uomo doppio, la corda dei nervi, pezzi di cuore e cervello in cerca di Francesco, ho un disperato bisogno dei suoi occhi… devo chiedergli se hanno visto, in qualche stanza dimenticata, i contorni di un’ anima plastinata.
Beatrice Cecaro