
Finalmente Napoli si è attrezzata per la circolazione in bici, al pari delle metropoli nordiche e della pianeggiante Emilia. I detrattori avevano sempre sostenuto che non è una città adatta a questo antico ed elementare mezzo di circolazione, soprattutto per la morfologia della città stessa: arrampicata sulle colline e tutta discese , ahimè, salite.
Più che la pista ciclabile, può favorire la diffusione della due ruote la possibilità di poter accedere con essa alle funicolari ed evitare quindi exploit alla Pantani, che non tutti sono in grado di fare.
La mia preoccupazione è purtroppo un’altra.
La bicicletta è sintomo di civiltà e gentilezza, non solo perché è un veicolo assolutamente non inquinante e permette un salutare quanto benefico esercizio fisico a chi la adopera, ma anche e soprattutto perché è insitamente priva di prepotenza.
Già mi sembra un controsenso vedere non solo costose mountain-bike di ultima generazione, ma anche ferrivecchi arrugginiti, tirati fuori da ripostigli e cantine, incatenati a pali e cancelli. Seppur bisogna dire che anche a Milano o a Reggio Emilia le rastrelliere per parcheggiare le due ruote sono fornite di catenaccio per scoraggiare gli inevitabili ladruncoli, è solo a Napoli che ho visto ciclisti sfrecciare controsenso, senza dare la precedenza ai pedoni neanche sulle strisce.
Signore eleganti, che non avevano dimenticato di indossare qualche capo firmato né qualche altro status-symbol, percorrere tronfie il Chiatamone in senso vietato, guardandoti dall’alto in basso, come a dire: “sono in bici io, e me ne frego del codice!”
Ragazzini sfreccianti sul marciapiede, a via Pontano, per esempio, rigorosamente contromano, rischiando di arrotare chiunque. Cosa che con uno scooter, non osa nemmeno il più spregiudicato pirata della strada.
Da cosa dipende questa anarchia, dal fatto di considerare la bici più un giocattolo che un mezzo di trasporto, o perché non ha la targa?
Attenzione, dal momento che si circola su di una pubblica via bisogna sottostare alle regole e rispettare comunque la segnaletica.
Ma, e qui casca l’asino, o se preferite entra in gioco il famoso rovescio della medaglia: la bicicletta non è assicurata.
E se quando è stata ripescata dal dimenticatoio, si è tirato un sospiro di sollievo pensando al risparmio per il mancato pagamento della solita, esosa, assicurazione, non obbligatoria per le bici; in caso di incidente, chi paga?
Se un disgraziato, sul marciapiedi, od in una zona pedonale falcia qualcuno e gli fa male, cosa si fa? Lo si ferma pretendendo un risarcimento, oppure lo si lincia sul posto?
E, se un’auto, non necessariamente un tanto famigerato e criminalizzato SUV, ma una qualsiasi, normalissima utilitaria, procedendo, con pieno diritto, a 40 all’ora, nel suo senso di marcia investe un ciclista che arriva sparato contromano, e lo uccide, cosa succede?
Siate civili, amici ciclisti.
E soprattutto, ragazzi, statemi sani!
LUCA MUROLO
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