
La sanità è un altro tasto dolente del nostro paese. Sono convinto che ognuno di noi abbia una storia tragi-comica da raccontare in proposito; io più di una.
L’ultima che mi è successa si potrebbe intitolare: oltre il danno anche la beffa.
Da qualche mese sono il dialisi, inutile dire che la cosa ha cambiato radicalmente la mia vita e le mie abitudini, ma ho diritto al contrassegno H sull’automobile, cioè il permesso di posteggio per invalidi.
Decido di richiederlo alle autorità competenti, e qui inizia il calvario.
Ovunque vada mi guardano con diffidenza, come se cercassi di truffare qualcuno o di rubare qualcosa.
Il “leit motive” è: “Con tutti gli imbrogli che hanno fatto!”.
Mi ricorda un po’ la stessa motivazione che ci propinano per il fatto che a Napoli abbiamo l’assicurazione auto più cara d’Europa “con tutte le truffe che hanno fatto!”.
E chè, le ho fatte io!?
Così come me, la maggioranza dei miei concittadini, pur non avendo mai falsificato un sinistro, o fatto frode alcuna alle assicurazioni, si ritrova a pagare un premio altissimo; quasi come stesse acquistando un appartamento a Capri.
Perché non arrestare i colpevoli, o far comunque pagare a loro i disagi, invece che farli pesare sull’intera comunità?
Misteri dei nostri tempi.
O più semplicemente la strada più facile da seguire per le autorità: rifarsela con i più deboli.
Ritorniamo al famigerato contrassegno H.
Dopo aver atteso tempi biblici per La convocazione avanti ad una commissione che deve giudicare se io abbia o meno tale diritto, mi reco appunto a Scampia, dall’altro lato della città, rispetto a doveva risiedo, per far esaminare me stesso e i documenti in m io possesso relativi alla mia condizione clinica.
Sala d’aspetto stracolma.
Si prevedono tempi d’attesa notevoli.
E, come sempre a Napoli,la gente inizia a socializzare. Parla del propio problema e della propria storia.
Ed il ritornello è sempre quello: - Adesso, è difficile “ con tutti gli imbrogli che hanno fatto!”-.
Tutti hanno in mano grossi incartamenti, io,con i miei due certificati, mi sento meschino.
Dopo un paio d’ore, dopo aver assistito al solito furbetto che entra da dietro, finalmente è il mio turno.
Nella stanza, dietro una lunga scrivania, ci sono due medici. Un uomo ed una donna.
E’ lei che inizia ad interrogarmi, arcigna come la mia vecchia professoressa di latino al liceo, e come questa capace di chiedermi l’unica cosa su cui non ero preparato:
-La sentenza del tribunale è incompleta...
-Come?!- Rispondo io, cadendo dalle nuvole ma soprattutto terrorizzato di dover rifare tutto daccapo.
-No è motivata- il suo tono adesso è sadico, cattivo, si è accorta della mia paura e ci sta giocando come il gatto col topo.
Interviene il suo collega, che sembrava astratto in tutti altri pensieri, ma fortunatamente per me non lo era:
-Qui si dice che lei è in dialisi- dice sornione.
-Si- rispondo io, sollevato dal non dover più parlare con la megera.
-Quindi ha una fistola?- chiede con aria furba.
-Si.
-Me la faccia vedere- ora ti aggiusto io, sembra dire.
Glie la mostro, che la gente si confezioni delle fistole false?! Mi viene in mente in quel momento.
Poggia due dita sulla cicatrice che ho scoperto sul braccio destro, sente il sangue che pulsa in maniera artificiosa, e finalmente dice:
-Per me va bene.
Tiro un sospiro di sollievo, ma non è finita.
Dovrò aspettare ancora un mese per ritornare a ritirare i documenti, per poi portarli in un altro ufficio, anche questo in capo al mondo, che mi rilascerà una ricevuta, con la quale dopo un'altra settimana otterrò agognato permesso.
Che morale devo trarre da ciò, io, comune cittadino?
Meglio falso invalido che invalido vero!
Luca Murolo
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